Inverno
Si screpola la pelle
di ghiaccio del lago profondo.
Crepe nuove di nero
striano il bianco abbacinante.
Chi forza quella scorza,
placenta di nero utero?
Pure, un soffio gelato
appena increspa il latte nero:
attraverso lo specchio
appare a frammenti la forma.
Sì, non c’è dubbio: vive
qualche cosa ancora nel pack.
Il corpo devastato
sopravvissuto a chissà quali
stermini, a sottili
e selezionate torture;
le labbra cianotiche
per i rudi baci del ghiaccio;
una radiografica
trasparenza della pelle tesa,
arabescata fitta
di rami azzurastri di vene;
il ceruleo rancore
degli occhi ancora sottilmente
febbricitanti. Questo
porta alla seguente diagnosi
l’osservatore, chino
giù sul nero pozzo profondo:
“Guasto d’amore”