Vita da scrittore
Grazia ha telefonato:
“Finalmente mi hai mandato
un vero romanzo,
asciutto e stringato”.
Grazia, da mesi di dirtelo tento:
era la lettera di accompagnamento.
(Stefano Benni per la sua editor Grazia Cherchi)
Grazia ha telefonato:
“Finalmente mi hai mandato
un vero romanzo,
asciutto e stringato”.
Grazia, da mesi di dirtelo tento:
era la lettera di accompagnamento.
(Stefano Benni per la sua editor Grazia Cherchi)
Non so proprio cosa fare per indurvi ad ascoltare: le ho provate tutte quante, proprio tante, tante, tante! Strilli, pianti a cento a cento Son stati buttati al vento! Provo coi ragionamenti: servono ad un accidenti. Faccio allora lo zelante: era meglio innaffiar piante. Mi tormento, ahi, mi struggo, Niente con voi par valere. Vi parlai in scritto e orale, niente, niente con voi vale! Ah che gran disperazione, è lontana la pensione! In che guaio mi son messo, che? trovare un compromesso? Più che io vi vengo incontro, più mi vi mettete contro. Sordi, ciechi, imbecilli, più di voi son vispi e svegli. Mi fate trasecolare: bestie tali sono rare! Non c'è scampo al mio sconforto, Mi sento già bell'e morto. Ma un momento, un momentino, mi soccorre un pensierino, un pochin dispettosetto, ma farebbe certo effetto. Se il pensier mio tatuato con un ferro arroventato fosse sulla pelle vostra, forse che vuol dir "Sto male!" capireste. (Lo capireste così, con tanto di rime baciate, maledetti idioti?)
Lugete, o Veneres Cupidinesque,
et quantumst hominum venustiorum.
Passer mortuus est meae puellae.
passer, deliciae meae puellae,
quem plus illa oculis suis amabat:
nam mellitus erat suamque norat
ipsam tam bene quam puella matrem:
nec sese a gremio illius movebat,
sed circumsiliens modo huc modo illuc
ad solam dominam usque pipiabat.
Qui nunc it per iter tenebricosum
illuc, unde negant redire quemquam.
At vobis male sit, malae tenebrae
Orci, quae omnia bella devoratis:
tam bellum mihi passerem abstulistis.
O factum male! o miselle passer!
tua nunc opera meae puellae
flendo turgiduli rubent ocelli.
(Gaio Valerio Catullo)
_________________________________________
J’eus en tete un souffreteaux oiseau bizarre
qui chantait mieux que les sources, que les bois
(dont nous amions pourtant les solennelles voix)
oiseau mélancolique et quelquefois hilare.
Pour sa faiblesse il me fallait etre bien clos
contre le froid, l’air sale et pluvieux des villes.
En des fleurs il restait près du feu qui rutile
quand l’hiver déroulait ses désolés tableaux.
Hélas j’ai trop ouvert la fenetre et la porte
J’ai cherché l’action, le plaisir, mots obscurs
Quelqu’un était entré, mortel à ses yeux purs.
Qui donc était entré? La bete chére est morte.
Qui donc était l’oiseau? Quelle céleste flamme
S’est éteinte, m’a délaissé pour le soleil
Quelquefois, en sursaut réveillé du sommeil
qu’est notre vie, je me dis: “C’était mon ame”.
L’oiseau sacré c’est notre poéte, notre ame
Notre ame est poésie. Hélas l’oiseau s’est tu!
Somnambules plaintifs caressés ou battus
vers quel but courons-nous, oublieux de notre ame?
(Marcel Proust)
La sottise, l’erreur, le Péché, la lésine,
occupent nos esprits et travaillent nos corps,
et nous alimentons nos aimables remords,
comme les mendiants nourrissent leur vermine.
Nos péchés sont tetus, nos repentirs sont laches;
nous nous faisons payer grassement nos aveux,
et nous rentrons gaiment dans le chemin bourbeux,
croyant par des vils pleurs laver toutes nos taches.
Sur l’oreiller du mal c’est Satan Trismégiste
qui berce longuement notre esprit enchanté,
et le riche métal de notre volonté
est tout vaporisé par ce savant chimiste.
C’est le Diable qui tient les fils qui nous remuent!
Aux objets répugnants nous trouvons des appas;
chaque jour vers l’Enfer nous descendons d’un pas,
sans horreur, à travers des ténèbres qui puent.
Ainsi qu’un débauché pauvre qui baise et mange
le sein martyrisé d’une antique catin,
nous volons au passage un plaisir clandestin
que nous pressons bien fort comme une vielle orange.
Serré, fourmillant, comme un million d’helminthes,
dans nos cerveaux ribote un peuple de Démons,
et, quand nous respirons, la Mort dans nos poumons
descend, fleuve invisible, avec des sourdes plaintes.
Si le viol, le poison, le poignard, l’incendie,
n’ont pas encor brodé de leurs plaisants dessins
le canevas banal de nos piteux destins,
c’est que notre ame, hélas! n’est pas assez hardie.
Mais parmi les chacals, les panthères, les lices,
les singes, les scorpions, les vautours, les serpents,
les monstres glapissants, hurlants, grognants, rampants,
dans la ménagerie infame des nos vices,
Il en est un plus laid, plus méchant, plus immonde!
Quoiqu’il ne pousse ni grands gestes ni grands cris,
il ferait volontiers de la terre un débris
et dans un baillement avalerait le monde;
c’est l’Ennui! – l’oeil chargé d’un pleur involontaire,
il reve d’échafauds en fumant son houka.
Tu le connais, lecteur, ce monstre délicat,
hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère!
_______________________________________________________
Stamani, per confrontarla con quella di Catullo, cercavo una poesiola sulla morte della poesia, assimilata a un passerotto – a proposito, qualcuno si ricorda per caso di chi è? – e mi sono imbattuto nella prefazione delle Fleurs du mal. Mi ha colpito come un fulmine la sua qualità profetica, e ho deciso di scriverla qui. Non sembra anche a voi?
Mi sveglio d’un tratto
contratto contratto
sul letto disfatto
stremato distrutto
Preparo un ristretto
con trito di strutto
ma sono allo stretto
disdetta che stretto
Trituro lo strutto
(stridore di denti)
mi struggo mi straccio
distratto strafatto
E d’un tratto penso:
“Distruggo, distruggo”
Mia fame d’amore,
grazie di avermi condotto fin qui.
D’avermi schiaffeggiato
di ghiaccio e dolore e violenza
e altri abitanti del cuore
umano.
Mia fame d’amore, grazie
per le bocche della follia
spalancate a ogni nuovo abbandono:
per questo dono –
che schianta il mio orgoglio –
quanti grazie ti devo.
Mia fame d’amore
mai placata,
grazie della visione
ancora confusa, ma certa
verso cui traghetti il mio cuore.
Grazie delle mille domande
che poni continua,
instancabile alle cose.
Per la voce in risposta,
il sibilo sussurrato delle cose
che ora posso udire
e fa paura – ma passa, forse.
Per mille altri doni ancora
ti ringrazio, mia fame d’amore.
A domani. Dormi un po’, ora.
Si screpola la pelle
di ghiaccio del lago profondo.
Crepe nuove di nero
striano il bianco abbacinante.
Chi forza quella scorza,
placenta di nero utero?
Pure, un soffio gelato
appena increspa il latte nero:
attraverso lo specchio
appare a frammenti la forma.
Sì, non c’è dubbio: vive
qualche cosa ancora nel pack.
Il corpo devastato
sopravvissuto a chissà quali
stermini, a sottili
e selezionate torture;
le labbra cianotiche
per i rudi baci del ghiaccio;
una radiografica
trasparenza della pelle tesa,
arabescata fitta
di rami azzurastri di vene;
il ceruleo rancore
degli occhi ancora sottilmente
febbricitanti. Questo
porta alla seguente diagnosi
l’osservatore, chino
giù sul nero pozzo profondo:
“Guasto d’amore”
Al bar. In ascolto.
Le voci formano armonie inconsapevoli.
Sgranano fili di sillabe.
La mia mente ne forma un tappeto versicolore.
Meraviglioso.
Ogni tanto una voce emerge, tenta
imporre il suo senso.
Ma io lesto la ricucio nel mio
insensato, bellissimo arazzo.
Logica, filosofia della scienza. Psicoanalisi clinico didattica.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Questo blog è registrato su http://www.blogitalia.org
Nel mio taschino c'è tutto quello che va conservato per non andar perduto.
Momenti di poesia
Si scrive quando si ha qualcosa da dire, si legge quando si vuole ascoltare
Vôla bas e schîva i sas
Quando scrivo dimentico che esisto, ma ricordo chi sono.
Per una cittadinanza di resistenza.
Crea il tuo destino con le tue mani.
qui si beve di tutto: servitevi !!!
La mia vita con la sclerosi multipla; una voce che parla scrivendo; punti di vista dall'alto di una sedia a rotelle 😉💪♿💞
Un posto per stare, leggere, ascoltare, guardare, viaggiare, ricordare e forse sognare.
Il reale impossibile
Nosce te Ipsum (Socrate)
"Non è tanto chi sono, quanto quello che faccio, che mi qualifica" ________________________________________________ "It's not who I am underneath, but what I do that defines me." ("Batman Begins")
diario di un abusato