Εννεπε μοι Μουσα
La storia più bella sul potere della musica l’ha raccontata Lev Tolstoj.
Il conte Nikolaj Rostov torna a casa dopo una perdita rovinosa al gioco. Trova la sorella Natasa accanto al clavicembalo, pronta a cantare.
“Dio mio, sono un uomo senza onore, sono un uomo perduto. Una pallottola in fronte, è l’unica cosa che mi resta, altro che cantare” pensa.
Ma appena la sorella inizia, tutto cambia.
“Ma che cos’è? pensó Nikolaj, sentendo la sua voce e spalancando gli occhi. Che cosa le è successo? Come canta stasera? pensó. E a un tratto tutto il mondo per lui si concentró nell’attesa della nota successiva, della frase successiva, e tutto il mondo si divise in tre tempi. Oh mio crudele affetto… Un, due, tre … Un, due, tre … Un … Oh mio crudele affetto… Un, due, tre … Un. Eh, la nostra stupida vita! – pensava Nikolaj. – Tutto questo, e la sfortuna, e i soldi, e Dolochov, e il rancore, e l’onore… Sono tutte sciocchezze… Ecco invece ciò che è vero… Su, Natasa, su, tesoro… Su, cara! Come prenderá questo si… L’ha preso? Grazie a Dio! E senza accorgersi che stava cantando, per sostenere quel si improvvisó un controcanto una terza sotto. Dio mio! Che bello! Possibile che sia riuscita a prenderlo? Che fortuna! pensó”.
(Guerra e pace, libro II, parte I, cap. 15)
Per accorgersi del potere della musica bisogna essere disperati, come Nikolaj quando torna a casa dopo quella perdita disastrosa al gioco. Quando una parte della nostra anima ci spinge a piantarci una pallottola nel cervello, ecco che contro di lei si leva una forza, quella che vuole vivere, e cerca un appiglio contro quel nerume. Per quella potenza dell’anima la musica è come la tavola per il naufrago: ci si aggrappa con tutte le unghie e non la molla più.
Ecco perché piú siamo disperati, più la musica ci sembra bella.
Ma se la porta è sbarrata dalla trave dell’orgoglio e dell’autocompiacimento, la magica chiave diventa una comune latta, la porta resta chiusa. Bisogna disperare di sè, stimarsi spregevoli pulci, sentire che da soli non possiamo nulla, che abbisognamo di un aiuto, perché i nostri sensi si aprano alla potenza dell’Arte.
Allora il nostro senso critico, prima esitante tra mille sofisticate teorie estetiche e smarrito nel vocío delle querelles, acquisterà di colpo un’insperata sicurezza: vera arte è quella che risponde al nostro grido d’aiuto e ci apre la porta della vita liberandoci dalla stretta della morte che ci teneva in pugno. Tutto il resto si può tranquillamente tralasciare.